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L'ARTE DI ESSERE FRAGILI: alla riscoperta di Leopardi con Alessandro D'Avenia

3/21/2017

 
Foto
Una conversazione con Giacomo Leopardi. Un dialogo intenso, privo di veli e ritrosie, che vuole condurci a riflettere sul senso dell’esistenza prendendo in prestito il pensiero di un grande poeta moderno. È l’essenza di Leopardi ad emergere, non tanto la metrica, non tanto gli ingegni retorici. E in questo rivela quella che dovrebbe essere la vera missione della letteratura.
È un libro che ha il merito di mostrare Leopardi sotto una luce nuova, un bagliore ammaliante, che forse ai tempi della scuola, i ritmi scanditi da compiti in classe e interrogazioni, non eravamo riusciti a cogliere. Nell’Arte di essere fragili il pensiero leopardiano diventa fruibile, non più relegato alla sfera letteraria, ma trasposto in quella sociale, delle nostre vite. È una cassetta degli attrezzi, un kit che vuole fornirci gli strumenti essenziali per vivere ogni giorno.

Ogni stagione della vita ha la sua arte, che dobbiamo saper riconoscere e coltivare con cura. Solo così riusciamo a trovare il nostro posto nel mondo, ad accogliere ciò che incontriamo sul nostro percorso senza però perdere mai di vista il nostro ideale, anche se forse non si realizzerà mai.

Durante l’adolescenza dobbiamo imparare l’arte di sperare, accogliere quel rapimento che lascia intuire chi siamo, perseguirlo per rivelare a noi stessi e al mondo la nostra originalità. Bisogna saperlo riconoscere al momento giusto, quando ci compare davanti con i suoi segni inequivocabili. Poi, tuffarcisi a capofitto, lottare per realizzare ciò che vogliamo, ciò che sappiamo di essere. È vero, questa è l’età fiorita, l’anticamera di una vita che è spesso destinata a deluderci, a seppellire sogni e prospettive. Ma non per questo dobbiamo abbandonarci a un fatalismo incondizionato. Il rapimento, forse la prima vera rivelazione che incontriamo sul nostro cammino, è un fiore da coltivare sempre, anche quando non è tempo di fioritura.

Solo la fedeltà al proprio rapimento rende la vita un’appassionante esplorazione delle possibilità e le trasforma in nutrimento, anche quando la realtà sembra sbarrarci la strada.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

(dal Sabato del villaggio)
​
Ci apprestiamo così a fare il nostro ingresso nell’età adulta. I sogni e le speranze cozzano contro le mura della realtà, fino ad annichilirsi e retrocedere dentro di noi, nei nostri luoghi più reconditi. La siepe si infittisce, i suoi rami si innalzano sino a impedire la vista di quell’Infinito che sta oltre.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
(L’Infinito)

Che fare allora? Se le nostre speranze sono destinate ad aleggiare inquiete per poi sprofondare e implodere dentro di noi, come possiamo ovviare all’impossibilità di realizzare il nostro rapimento? Il compimento di noi stessi va coltivato nel tempo, facendovi confluire anche le brutte sorprese che il destino ci riserva. Dobbiamo accettarle come parte del nostro percorso e incanalarle per quanto possibile nel nostro progetto di vita. Il rapimento non va mai perso di vista, le speranze che si sono istillate in noi in gioventù non vanno abbandonate. Per soddisfare la nostra sete di vita, dobbiamo continuare ad abbeverarci.

Ecco cos’è la noia per te, Giacomo: la distanza tra il desiderio e la realtà, tra la ricerca della felicità e i limiti del mondo, tra la ricerca dell’infinito di là della siepe e la finitezza di ciò che c’è al di qua.

Così, l’arte da apprendere nell’età adulta è l’arte di morire. Saper morire, sì, per poi saper rinascere, saper riparare. Perché la morte non è altro che l’insieme degli ostacoli al nostro rapimento e noi non dobbiamo rassegnarci a subirla passivamente, ma fare della maturità una lotta accesa tra morte e rinascita.

Questo è il tempo del silenzio, della notte oscura. [...] È un tempo fecondo, anche se sembra proprio il contrario. L’arte del silenzio è la più dura da imparare, a causa della sua apparente assenza di frutti e di gioia.

È una morte apparente, una sospensione che può rivelarsi fruttuosa. E dunque, se lotteremo senza arrenderci, ne raccoglieremo i frutti, riusciremo a riparare ciò che ci appariva come irrimediabilmente compromesso.

Ed ecco che ci troviamo sulla soglia della nostra terza età, quella della riparazione. Riparazione che nasce dalla bellezza, dall’essere riusciti in un modo o nell’altro, magari anche molto distante dai nostri piani iniziali, a creare qualcosa di bello per noi stessi e per gli altri. Questo significa trovare il proprio posto nel mondo, riconoscere i limiti cercando comunque di agire nel nome di ciò che ci sta a cuore.

Nella vita, per comprendere come sono le cose di questo mondo, bisogna morire almeno due volte. La prima da giovani, quando ancora si hanno tempo ed energie per rialzarsi [...] La seconda quando staremo per smettere di respirare, e allora dovremo guardarci indietro e chiederci per cosa abbiamo respirato, se il nostro respiro è andato sprecato. E non si può morire del tutto se si è lottato per fare qualcosa di bello al mondo, se si è lottato per resistere alla tentazione del nulla [...]

L’autore
Alessandro D’Avenia (Palermo, 1977) è scrittore e insegnante di letteratura in un liceo milanese. Il suo romanzo d’esordio, Bianca come il latte, rossa come il sangue è diventato un caso letterario internazionale. L’Arte di essere fragili è il suo quarto romanzo, dal quale è stata tratta un’opera teatrale.
    Foto della Redattrice: correttrice di bozze, redattrice di testi, web writer.

    La Redattrice
    Valentina Masotti

    ​Editor, correttrice di bozze, web writer, amo lavorare e giocare con le parole. Mi cimento con entusiasmo nelle forme di scrittura più disparate e nel tempo libero divoro un libro dietro l'altro.

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